Il pensiero di Gurdjieff
“Una delle motivazioni più forti per desiderare di lavorare su se stessi è dettata dalla consapevolezza di poter morire in qualsiasi momento – ma in primo luogo devi renderti conto di questo fatto.”
G.I.Gurdjieff
NOTA BIOGRAFICA
Gurdjieff è un mistico armeno che ha vissuto a cavallo tra i due secoli. Nei suoi viaggi in cerca del ‘miracoloso’ e della ‘verità’, raccolse le Danze da vari ordini sufi, da monasteri cristiani e tibetani, da popolazioni del deserto.
Gurdjieff insegnò queste danze, più altre di sua ideazione, perché i movimenti servissero a due scopi.
- Il primo scopo è l’armoniosa evoluzione dei danzatori stessi: riequilibrare corpo-mente-emozioni, e quindi raggiungere un nuovo livello delle funzioni umane.
- Il secondo scopo è la trasmissione: rivelare l’esperienza di un’altra dimensione di conoscenza della realtà e dell’energia universale, in connessione con quanto generazioni remote già sapevano, ed hanno voluto tramandare attraverso le Danze.
ALCUNE PAROLE DI GURDJIEFF sulle Danze
Lo scopo dei Movimenti delle Danze di Gurdjieff
Berlino, 24 Novembre 1921
“Mi chiedete qual è lo scopo dei movimenti. A ogni atteggiamento del corpo corrisponde un certo stato interiore e, viceversa, a ogni stato interiore corrisponde un determinato atteggiamento. Ogni uomo ha un certo numero di atteggiamenti abituali, e passa da un atteggiamento all’altro senza mai fermarsi in quelli intermedi.
Il fatto di assumere posizioni nuove e inabituali vi consente di osservarvi interiormente in modo diverso da come vi osservate in condizioni ordinarie. Ciò diventa particolarmente chiaro quando al comando “Stop!” dovete immobilizzarvi all’istante.
I muscoli tesi devono restare nel loro stato di tensione, e quelli rilassati devono restare rilassati. A quel comando, inoltre, dovete non soltanto immobilizzarvi esteriormente, ma bloccare tutti i movimenti interiori. Dovete sforzarvi di mantenere inalterati i pensieri e le emozioni, riuscendo nello stesso tempo a osservare voi stessi.
Supponiamo che questa signora desideri diventare un’attrice. Gli atteggiamenti che le sono abituali si adattano ad alcune parti, per esempio alla parte di una cameriera; invece le viene affidata la parte di una contessa. Una contessa ha delle pose completamente diverse.
In una buona scuola d’arte drammatica le possono insegnare, diciamo, duecento pose. Le pose caratteristiche di una contessa sono, per esempio, le pose numero 34, 68, 101 e 142.
Se la signora le ha imparate, quand’è in scena le basta passare da una all’altra e, per quanto possa essere una pessima attrice, rimarrà sempre una contessa per tutta la rappresentazione. Ma se non le ha imparate, anche l’occhio meno esercitato si accorgerà che non è una contessa, bensì una cameriera.
Dovete osservarvi in modo diverso dal solito. Vi occorre un altro atteggiamento, diverso da quello tenuto finora. Ormai sapete dove vi hanno portato i vostri soliti atteggiamenti. Continuare così non ha senso, né per voi né per me, e io non ho nessuna voglia di lavorare con voi, se restate quel che siete.
Voi aspirate alla conoscenza, ma ciò che avete avuto finora non è conoscenza: è solo una raccolta meccanica di informazioni. È una conoscenza che non è entrata a far parte di voi, ma è fuori di voi. Non ha nessun valore. Che importanza possono avere per voi le cose che sapete, se un bel giorno vi sono piovute addosso da qualcun altro?
È un sapere non creato da voi e quindi ha scarsissimo valore.
L’Arte può essere tale solo se siamo noi stessi a crearla, senza imitarla: il pensiero di Gurdjieff
Qualcuno sa comporre una pagina di giornale in caratteri da stampa, e vi attribuisce un certo valore. Ma oggi anche una macchina può fare questo lavoro. Combinare non è creare.
Ogni uomo ha un repertorio limitato di atteggiamenti abituali e di stati interiori. La signora fa la pittrice, e voi forse direte che ha uno stile molto personale. Ma non è uno stile, è una limitazione.
Pur cambiando soggetto, i suoi quadri sono sempre la stessa cosa. Che sia un soggetto di vita europea o di vita asiatica, riconoscerò subito la sua mano.
Un attore che sia uguale in tutte le parti, che razza d’attore è? Solo per caso gli può venire affidata una parte che si adatta perfettamente a ciò ch’egli è nella vita.
Attualmente, tutta la vostra conoscenza è meccanica, come è meccanico il resto. Per esempio, se guardo quella signora con simpatia, subito diventa affabile.
Se la guardo con aria di rimprovero, subito si arrabbia, e non soltanto con me, ma anche col suo vicino, e il suo vicino con un altro, e così via. Essa si è arrabbiata perché l’ho guardata male. Va in collera meccanicamente, ma non è in grado di arrabbiarsi liberamente, di propria volontà.
È schiava degli atteggiamenti altrui. Ma se reagisse soltanto di fronte a degli esseri viventi, non sarebbe così grave: ella però è schiava anche delle cose. Qualunque oggetto è più forte di lei. È una schiavitù perpetua. Le vostre funzioni non vi appartengono; al contrario, voi siete la funzione di ciò che si scatena al vostro interno.
Davanti a cose nuove, bisogna imparare ad avere atteggiamenti nuovi. Osservate: in questo momento ognuno ascolta a modo proprio.
È un modo che corrisponde al proprio atteggiamento interiore. Per esempio, Starosta sta ascoltando con la mente, e un altro invece col sentimento; se si chiedesse a entrambi di ripetere ciò che è stato detto, ciascuno dei due risponderebbe in modo diverso, secondo lo stato interiore del momento.
Fra un’ ora, a Starosta dicono una cosa spiacevole, mentre all’altro viene assegnato un problema matematico da risolvere; in tal caso, Starosta ripeterà ciò che ha sentito dire colorandolo coi suoi sentimenti, mentre l’altro lo farà in forma logica.
Questo succede perché funziona un solo centro, per esempio la mente, o il sentimento. Invece dovete imparare ad ascoltare in modo nuovo.
Ciò che avete imparato fino a oggi è una conoscenza legata a un solo centro, una conoscenza senza comprensione.
Quante sono le cose che sapete, e che siete anche in grado di comprendere? Ad esempio, sapete cos’è l’elettricità, ma vi è così chiara come due più due fanno quattro? Dell’ operazione siete così certi che nessuno può provarvi il contrario, ma per quanto riguarda l’elettricità è ben diverso.
Oggi ve la si spiega in un certo modo, e voi credete a questa spiegazione. Domani ve ne daranno un’altra, e voi crederete a quell’altra. Ma comprendere significa percepire con almeno due centri, e non con uno solo. Esiste una percezione più completa, ma per il momento è sufficiente che voi riusciate a far sì che un centro ne controlli un altro.
Discussione, comprensione, semi comprensione ed i movimenti secondo Gurdjief
Quando un centro ha una percezione e un altro, prendendone conoscenza, l’accetta oppure la rifiuta, allora c’è comprensione. Se la discussione tra i centri non arriva a una precisa conclusione, si avrà solo una semi-comprensione. Ma nemmeno la semi-comprensione vale granché.
“È indispensabile che tutto ciò che ascoltate qui, e tutto ciò di cui parlate altrove venga detto o ascoltato non da un solo centro, ma da due centri. Altrimenti non si arriverà a un risultato corretto, né per me né per voi. Per voi finirà per essere sempre la stessa cosa, cioè pura accumulazione di nuove informazioni. “
Gurdjieff, Views from the Real World
Come per tutto, così anche per i Movimenti:
Prieuré, February 9, 1923
I movimenti, così come sono generalmente eseguiti, cioè senza la partecipazione di altre parti dell’organismo, sono dannosi per l’organismo. Ma sono utili per le loro conseguenze.
Sottolineo per le conseguenze. Ma, per la scala particolare alla quale l’organismo è abituato, qualsiasi movimento che eccede questa scala all’inizio per un breve tempo è nocivo. I movimenti diventano utili in futuro se sono eseguiti con raziocinio e comprensione degli effetti.
I Movimenti, considerati come una forma di Lavoro, si possono suddividere nelle seguenti categorie:
- 1. Prendendo in considerazione le particolarità della costituzione della persona che li esegue: sia quelle presenti adesso sia quelle che ci si possono aspettare in futuro.
- 2. Quando il respiro partecipa nel movimento.
- 3. Quando il pensiero partecipa nel movimento.
- 4. Quando subentra il vecchio movimento caratteristico, costante ed invariabile di quella persona.
Solo se i movimenti hanno una connessione con queste cose che ho enumerato essi possono essere utili per la vita ordinaria di tutti i giorni.
Faccio una distinzione tra vita di tutti i giorni e vita connessa con il Lavoro di auto-perfezionamento e sviluppo interiore. Per vita di tutti i giorni intendo una vita normale e sana.
Dunque ci sono quattro condizioni.
Così vedete che per rendere un movimento veramente utile dobbiamo a poco a poco fare entrare in esso tutti i sopra-menzionati altri movimenti di una categoria diversa. Dovete comprendere che solo allora un movimento può essere utile.
Non si può sperare in nessun risultato se manca anche una sola di quelle condizioni.
Il più facile dei nostri movimenti è quel grezzo movimento organico che siamo in grado di compiere (e che abbiamo già studiato). I movimenti che abbiamo fatto finora sono quelli che tutti fanno, e tutti sanno fare. E sebbene i movimenti che faremo in seguito possano apparire complicati alla prima impressione, possono tuttavia essere eseguiti da chiunque, se sufficientemente praticati.
D’altro canto, se iniziamo ad aggiungere a questi movimenti una delle condizioni che vi ho indicato, eseguirli si rivelerà molto più difficile e non saranno più alla portata di tutti. E se gradualmente vi aggiungiamo altre di quelle condizioni, quel movimento diventerà possibile solo per un numero molto ristretto di persone.
In conclusione, se vogliamo cominciare a muoverci nella direzione dello scopo per il quale abbiamo intrapreso lo studio dei movimenti, è necessario gradualmente aggiungere a quel movimento che avviene in noi le condizioni che vi ho indicato.
Adesso, per iniziare, è essenziale scegliere i tipi più o meno adatti. Insieme con questo, inizieremo a lavorare sulla seconda condizione, cioè il respiro.
All’inizio ci divideremo in gruppi; in seguito divideremo anche i gruppi, fino ad arrivare via via agli individui. “
Gurdjieff, Views from the Real World
Leggi cosmiche e Danze sacre
“Supponga che, per studiare i movimenti dei corpi celesti, per esempio il movimento dei pianeti del sistema solare, venga costruito un meccanismo apposito, destinato a rappresentare e a ricordarci le leggi di tali movimenti. In questo meccanismo, ogni pianeta, rappresentato da una sfera di dimensione appropriata, viene posto a una certa distanza da una sfera centrale che rappresenta il Sole.
Mettendo in moto il meccanismo, tutte le sfere cominciano a girare su se stesse, spostandosi lungo traiettorie prestabilite, così da riprodurre visibilmente le leggi che governano il moto dei pianeti. Questo meccanismo avrebbe come risultato quello di richiamarle alla memoria le sue conoscenze sul sistema solare. Nell’andamento di alcune danze avviene qualcosa del genere. Attraverso i movimenti e le combinazioni ben precise dei danzatori, vengono rese manifeste e intelligibili determinate leggi a coloro che le conoscono. Si tratta delle cosiddette “danze sacre”. Durante i miei viaggi in Oriente, ho avuto più volte occasione di assistere a queste danze, eseguite in antichi templi nel corso di. cerimonie sacre: cerimonie che sono inaccessibili e sconosciute agli europei. “
Gurdjieff, Views from the Real World
Domanda: “Che importanza hanno l’arte e il lavoro creativo nel suo insegnamento?”
“Risposta: L’arte contemporanea non è necessariamente creativa. Per noi, l’arte non è un fine, ma un mezzo. L’arte antica ha un certo contenuto interiore. Nel passato, l’arte aveva lo stesso scopo che hanno attualmente i libri: quello di conservare e trasmettere una certa conoscenza.
Nei tempi antichi non si scrivevano libri, ma si incorporava la conoscenza nelle opere d’arte. Se soltanto sapessimo leggerle, potremmo trovare molte idee nelle antiche opere d’arte pervenute fino a noi. Lo stesso discorso vale per tutte le arti, compresa la musica.
Gli antichi consideravano l’arte in questo modo. Avete assistito ai nostri movimenti e alle nostre danze. Ma voi ne avete vista solo la forma esteriore, la bellezza, la tecnica. Ma a me non interessa l’aspetto esteriore che voi vedete.
Per me, l’arte è un mezzo per arrivare a uno sviluppo armonioso. Tutto quel che facciamo qui è stato previsto in modo che non si possa fare nulla automaticamente e senza la partecipazione del pensiero.
La ginnastica e le danze ordinarie sono meccaniche. Se il nostro fine è lo sviluppo armonico dell’uomo, allora le danze e i movimenti, per noi, sono un mezzo per associare la mente e il sentimento ai movimenti del corpo, in modo da ottenere una manifestazione comune.
In tutto ciò che facciamo, cerchiamo di sviluppare qualcosa che non può essere sviluppato direttamente o meccanicamente, qualcosa che esprime l’uomo totale: mente, corpo e sentimento.
“Il secondo scopo delle danze è lo studio. Certi movimenti contengono la dimostrazione di qualcosa, racchiudono una determinata conoscenza, delle idee religiose e filosofiche. In alcune danze si può persino leggere una ricetta di cucina. In molti paesi d’Oriente, il contenuto interiore di queste danze è oggi quasi dimenticato, tuttavia esse vengono ancora eseguite semplicemente per abitudine. Per riassumere, i movimenti hanno due obiettivi: lo studio e lo sviluppo.”
Gurdjieff, Views from the Real World
Gurdjieff Nel Monastero della Confraternita Sarmoung
Al tempo in cui vive a Bukhara con l’amico Soloviev, Gurdjieff viene a sapere del monastero di Sarmoung, che si trova in un posto imprecisato nel cuore dell’Asia, e al quale egli viene indirizzato.
Dopo un viaggio lungo e pericoloso a dorso di cavallo attraverso le montagne, e percorso quasi sempre ad occhi bendati, Gurdjieff e Soloviev arrivano al monastero, dove Gurdjieff ritrova, con sua grande sorpresa, il suo vecchio amico il principe Lubovedskij, che giace a letto, convalescente dopo una grave malattia.
“Finché il principe Ljubovedskij fu costretto a stare a letto, andavamo a trovarlo nel secondo cortile, ma non appena si sentì meglio e poté uscire dalla sua cella, venne lui da noi.
Ogni giorno parlavamo per due o tre ore. Continuammo così per due settimane. Un giorno fummo chiamati nella cinta del terzo cortile presso lo sceicco del monastero, che ci parlò con l’aiuto di un interprete.
Egli ci diede per istruttore uno dei monaci più anziani, un vecchio che sembrava un’icona e che, a sentire gli altri frati, aveva duecento- settantacinque anni.
Da allora, entrammo a far parte, per così dire, della vita del monastero. Siccome avevamo accesso quasi dovunque, finimmo per conoscere bene i luoghi. Nel mezzo del terzo cortile sorgeva una specie di grande tempio, dove gli abitanti del secondo e del terzo cortile si riunivano due volte al giorno per assistere alle danze sacre delle grandi sacerdotesse o per ascoltare musica sacra.
Quando il principe Ljubovedskij fu completamente guarito, ci accompagnò dovunque e ci spiegò tutto.
Per noi era come un secondo istruttore. Un giorno scriverò forse un libro apposta per raccontare tutti i particolari di questo monastero, ciò che esso rappresentava e ciò che vi succedeva. Intanto, trovo necessario descrivere nel modo più particolareggiato possibile uno strano apparecchio che vidi laggiù, la cui struttura, quando la ebbi più o meno capita, produsse su di me un’impressione sconvolgente.
Quando il principe Ljubovedskij fu diventato il nostro secondo istruttore, egli chiese un giorno, di sua iniziativa, il permesso di condurci in un piccolo cortile laterale, il quarto, chiamato ” il cortile delle donne “, per assistere alla lezione impartita alle allieve dalle sacerdotesse-danzatrici che partecipavano ogni giorno alle danze sacre del tempio.
Il principe, conoscendo l’interesse che provavo allora per le leggi che regolano i movimenti del corpo e dello psichismo umano, mi consigliò, mentre assistevamo alla lezione, di prestare una particolare attenzione agli apparecchi con l’aiuto dei quali le giovani aspiranti studiavano la loro arte. Già all’aspetto, questi strani apparecchi davano l’impressione di essere stati costruiti in tempi molto antichi.
Erano di ebano, con applicazioni in avorio e madreperla. Quando non servivano e venivano riposti insieme, formavano una massa che ricordava l’albero vezanelniano dalle ramificazioni tutte simili.
Guardandolo più da vicino, ognuno di questi apparecchi si presentava sotto forma di colonna liscia, più alta di un uomo, fissata su un treppiede; da sette punti della colonna partivano dei bracci di forma particolare. Questi bracci erano suddivisi in sette segmenti di diverse dimensioni: la loro lunghezza e la loro larghezza diminuivano in ragione diretta del loro allontanamento dalla colonna. Ogni segmento era collegato al successivo per mezzo di due sfere di avorio cave incastrate l’una nell’altra.
La sfera esterna non ricopriva interamente quella interna: ciò permetteva di fissare a quest’ultima una delle estremità di un segmento qualsiasi del braccio, mentre alla sfera esterna si poteva fissare l’estremità di un altro segmento. Questa specie di giunzione rassomigliava all’articolazione della spalla umana e permetteva ai sette segmenti di ogni braccio di muoversi nella direzione desiderata.
Sulla sfera interna erano tracciati dei segni. Nella sala si trovavano tre di questi apparecchi; vicino a ognuno di essi c’era un piccolo armadio, pieno di piastre di metallo quadrate.
Anche su queste piastre erano tracciati alcuni segni. Il principe Ljubovedskij ci spiegò che queste placche erano riproduzioni di piastre in oro puro che si trovavano presso lo sceicco.
Gli esperti facevano risalire l’origine di queste piastre e di questi apparecchi a circa quattromilacinquecento anni addietro. Il principe ci spiegò poi che, facendo corrispondere i segni tracciati sulle sfere a quelli delle piastre, le sfere assumevano una certa posizione che determinava a sua volta la posizione dei segmenti. .
Quando tutte le sfere sono disposte nel modo desiderato, la posa corrispondente a ogni combinazione si trova perfettamente definita nella sua forma e nella sua ampiezza, e le giovani sacerdotesse rimangono per ore davanti agli apparecchi così regolati, per imparare a sentire questa posa e a ricordarsela.
Occorrono lunghi anni prima che a queste future sacerdotesse sia permesso danzare nel tempio. Soltanto le sacerdotesse che hanno raggiunto una certa età ed esperienza possono farlo. Tutti nel monastero conoscono l’alfabeto di queste pose, e la sera, quando le sacerdotesse danzano nella grande sala del tempio secondo il rituale proprio di quel giorno, i monaci leggono nelle pose da esse assunte delle verità che gli uomini vi hanno inserito alcune migliaia di anni fa.
Queste danze adempiono a una funzione analoga a quella dei nostri libri. Come noi oggi facciamo sulla carta, così una volta certe informazioni relative ad avvenimenti trascorsi da molto tempo furono registrate in queste danze e tramandate di secolo in secolo agli uomini delle generazioni future.
Queste danze furono chiamate danze sacre. Le fanciulle che diventano sacerdotesse sono per la maggior parte consacrate sin dalla più tenera età al servizio di Dio o di un santo, per voto dei loro genitori o per altri motivi. Queste future sacerdotesse entrano nel tempio sin dall’infanzia per ricevervi tutta l’istruzione e la preparazione necessarie, in modo particolare per quanto riguarda le danze sacre. Poco tempo dopo aver assistito a questa lezione per la prima volta, ebbi l’occasione di veder danzare le vere sacerdotesse, e rimasi stupito non dal significato delle danze, che ancora non comprendevo, ma dall’esattezza esteriore e dalla precisione con le quali esse venivano eseguite.
Né in Europa né in nessuno dei luoghi dove avevo osservato con interesse cosciente questa manifestazione umana automatizzata, mai avevo incontrato qualcosa di paragonabile a questa purezza di esecuzione.”
Gurdjieff, Meetings with Remarkable Men
L’arte della danza sacra e popolare secondo Gurdjief
“I sapienti che appartenevano a questo gruppo di ricerca presentavano, con le dovute spiegazioni, danze religiose e popolari d’ogni tipo: alcune già esistenti e semplicemente modificate, altre inedite e create da loro di sana pianta.
Affinché tu possa rappresentarti e comprendere meglio come costoro annotassero nelle danze le indicazioni volute, devi innanzi tutto conoscere quell’antica scoperta dei sapienti di allora secondo cui, a causa”della Legge del Sette, qualsiasi posizione e qualsiasi movimento di un essere sono costituiti da sette tensioni “reciprocamente equilibrate” che sorgono in sette parti indipendenti del loro tutto integrale; e ciascuna di queste sette parti a sua volta comporta sette “linee di movimento” distinte, e ogni linea possiede sette “punti di concentrazione dinamica”; e queste divisioni successive si ripetono allo stesso modo e nello stesso ordine, ma in scala sempre più ridotta, fino alle particelle più piccole, o “atomi”, del corpo intero.
Ebbene, nel corso delle danze quei sapienti introducevano nei foro movimenti, il cui accordo rimaneva conforme alle leggi, alcune inesattezze volontarie, esse pure legittime, in cui annotavano in un certo ordine le informazioni e le conoscenze che desideravano trasmettere.”
Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote
Capitolo 30